Spinto da una vecchia considerazione dell’amico Andrès (regista del video a fondo pagina), parliamo di vitigni autoctoni e alloctoni.
In Italia abbiamo una posizione privilegiata ed è bello approfondire l’argomento.
Cominciamo spiegando la terminologia:
Autoctono: tipo di vite (clone) originario di un luogo, che si è ambientato ed evoluto nei secoli in quel territorio.
Alloctono: vitigno che si è diffuso in altre regioni, rispetto a quella di origine. Definito molto più spesso vitigno internazionale.
Una classificazione in base al raggio di diffusione di un vitigno è questa:
- Autoctoni: diffusi in una, massimo due province e non al di fuori di queste.
- Locali: diffusi in una molteplicità di province, a volte in intere regioni e spesso anche al di fuori della zona di origine.
- Nazionali: sono i vitigni che, superando la zona di origine, si sono diffusi in quasi tutta la nazione, mostrando quindi grande adattabilità.
- Internazionali: sono i vitigni che hanno varcato i confini persino della nazione d’origine, diffondendosi in differenti zone del mondo, e mostrando altissima capacità d’adattamento a differenti condizioni geografiche e climatiche.
Tantissimi tipi di vite, nel corso dei millenni, sono arrivati in Italia dalla Grecia o dalle regioni viticole mediorientali del Mar Nero, definite la culla del vino.
Col tempo si sono adattati, sono stati incrociati, alcuni hanno anche cambiato nome ed ormai fanno parte della nostra tradizione. Per questo non vengono definiti alloctoni.
Si può dire che la classificazione in base alla diffusione sia nata “solo” negli ultimi tre secoli.
Perché si coltivano nel mondo i vitigni internazionali?
Sicuramente per una questione di gusto, ma anche economica.
La Francia si è imposta in epoca moderna, dal 1700 in poi, come paese più avanzato per le tecniche produttive e sicuramente con una qualità molto elevata. Soprattutto le regioni della Borgogna, di Bordeaux e della Champagne, hanno diffuso il loro stile nel mondo. Perciò troviamo ovunque il Pinot nero e lo Chardonnay per grandi vini fermi e spumanti, così come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot per vini dal taglio bordolese o in purezza. Inoltre tutte queste piante hanno la capacità di adattarsi agevolmente a diverse latitudini, in ambienti, terreni e climi molto diversi tra loro (approfondimento qui sul rapporto tra terreno e vite).
Tuttavia per anni siamo andati incontro ad una omologazione del gusto.
Ci siamo abituati anche noi a quel gusto, infatti come esempio tangibile, nella zona del TrentoDOC o della Franciacorta, si producono spumanti, apprezzati nel mondo, a base di Pinot nero e Chardonnay.
Ritengo però che siamo molto fortunati come italiani perché riusciamo a bere vini territoriali con tanti sapori diversi e mille sfaccettature.
In Italia abbiamo il record della maggiore biodiversità di specie a livello mondiale!
Si stima che in Italia ci siano circa 350 vitigni autoctoni. Ad esempio, quasi tutti i vitigni coltivati in Sardegna, il Primitivo di Manduria in Puglia, l’Asprinio di Aversa in Campania, il Casetta in Trentino, il Lacrima di Morro d’Alba nelle Marche.
La vite ad alberello di Pantelleria è stata iscritta nel 2014 nel registro dell’UNESCO dei Beni Immateriali dell’Umanità!
Ora c’è la possibilità di fare l’esame del DNA di ogni pianta e di capire quindi se ci sono cloni simili in territori distanti.
Inoltre, alcuni dei nostri vitigni autoctoni sono anche sopravvissuti al disastro della fillossera. Per questo motivo, in diverse zone d’Italia, si coltivano viti a piede franco (senza innesto su radici americane).
Negli ultimi vent’anni è aumentata la sensibilità nei confronti dei nostri vitigni autoctoni. Molti vignaioli hanno cominciato a recuperare e piantare di nuovo quelle viti che sembravano scomparse. Segno anche di grande rispetto verso un territorio, dato il legame forte con un tipo di uva e il vino che può esprimere delle caratteristiche veramente uniche.
Consideriamo anche che abbiamo una tradizione culinaria fortissima, che si lega strettamente a quella del vino. Ogni provincia ha i suoi piatti tipici, con abbinamenti tradizionali del cibo col vino.
Ecco un articolo interessante con qualche spunto di riflessione.
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Viva la cultura del vino!